
Pareri a caldo sugli anime dell’autunno 2024 [Parte 1]Un nuovo anno è da poco iniziato e con esso un’altra stagione anime, ma per quelli come me, che non seguono le serie durante la loro trasmissione, è giunto il momento del recuperone dei titoli autunnali e dei commenti a caldo sui titoli che ho selezionato.
Prima di iniziare, per prassi devo premettere che a seguire ci sono degli spoiler di varia entità.
⚠️⚠️⚠️⚠️ SPOILER ⚠️⚠️⚠️⚠️
▪ “Uzumaki“, sulla carta un progetto affascinante e ambizioso, per cui certe domande sorgono spontanee, una tra tutte: lo stile di disegno adottato, ispirato al prodotto originale, si coniuga o contrasta con l’animazione? Andiamo con ordine. Iniziando sul piano dei contenuti, l’opera ha un suo charm (in parte derivato dalla figura della spirale e alla sua riproposizione sia in natura che nelle creazioni umane) tuttavia sono presenti, in maniera ora trascurabile ora evidente, delle criticità a livello di sceneggiatura e scrittura (una sospensione dell’incredulità messa a dura prova, oltre che da alcune lacune, da interazioni e reazioni dei personaggi, inclusi anche i protagonisti), nella costruzione sia della vicenda sia dell’atmosfera di inquietudine derivata anche dal grottesco. Se il primo episodio, nonostante le suddette criticità, può risultare comunque una visione godibile, negli episodi successivi lo sviluppo viene intaccato da una narrazione non proprio ideale, anche per ritmo e presenza di diversi stacchi, penalizzando quel viaggio che a tutti gli effetti è una spirale di follia; una chiusa discreta seppur concettualmente affascinante, qualche perplessità invece per la scena post-crediti (se la mancata trasmissione dell’evento ha un senso per un certo tempo, per un’ambientazione moderna non convince molto). Anche a livello tecnico è il primo episodio a risultare il migliore della serie: una regia tutt’altro che monotona (tra gestione della camera e composizione della scena), disegni ben concepiti sia per chara che fondali (tra un tratto non proprio pulito/lineare e dei riempimenti, ad esempio per le ombre, accompagnati da linee/retini), animazioni che trovano vita per lo più nei piccoli movimenti e nella recitazione dei personaggi, una fotografia che fa talvolta capolino quando per valorizzare la scena quando per non appiattirla, il tutto supportato dal sonoro, in un’alternanza tra una musica congrua al genere e momenti lasciati ai soli doppiaggio e/o effetti. Le vere note dolenti partono già dal secondo episodio: una direzione piuttosto claudicante (con qualche problema nella costruzione delle scene in termini di tempi), un palese calo della qualità dei disegni (tratto meno incisivo, a momenti anzi sciapo, sia per i secondari e le comparse che per i protagonisti, il cui carattere nell’espressività va e viene) e animazioni a momenti legnose per non dire imbarazzanti (giusto per fare un paio di esempi, come la fuga d’amore con la corsa sulla spiaggia del secondo episodio o la caduta di Shuichi verso la fine del quarto -lì ammetto di aver riso, ma ci sarebbe da piangere…-) sono i principali fattori che evidenziano il dislivello come fattura tecnica tra il primo episodio e quelli seguenti, dove quest’ultimi regalano ben poche soddisfazioni alla vista. Una visione quindi iniziata piuttosto bene, proseguita e conclusa con l’amarezza di aver assistito a un’opportunità sprecata di portare sul piccolo schermo una trasposizione ispirata e ispirante di un lavoro di Junji Ito;
▪ “Magilumiere Magical Girls Inc.“, l’idea alla base è accattivante, prendendo le mahou shoujo e costruendoci attorno un mercato, con centinaia di aziende impregnate non solo nella lotta contro i Kaii (creature mostruose) ma anche a sopravvivere in un ambiente commerciale competitivo; per quanto valido e pregno di potenziale, il concept non mi pare tuttavia sfruttato al meglio, giocando sì con degli elementi caratteristici delle majokko (strumenti, trasformazioni, etc.) e le realtà aziendali, con l’aggiunta di figure peculiari a dare un po’ di sapore (il boss che si veste da mahou shoujo, i nerd con la passione per le trasformazioni d’effetto e i vestiti carini, la bambina prodigio, etc.) ma senza spingere molto, un’opportunità non propriamente colta per partorire un’opera postmoderna con una sua freschezza e al contempo un animo parodistico-critico circa il genere e l’ambiente di lavoro. Una serie discreta anche nella struttura e nella sceneggiatura, con i suoi alti e bassi, in vari punti avrebbe giovato un ritmo più serrato, nonché una concisione nei dialoghi e una resa più d’effetto (talvolta si perde in verbosità e in momenti di stucchevolezza), oltre a dare una marcia in più evidenziando e sfruttando il carattere e le peculiarità dei personaggi. Anche sul piano tecnico è un prodotto discreto altalenante, relativamente solido nei disegni ma in diverse occasione mi è parso accusare una certa staticità-rigidità (quando nell’impostazione della scena, quando nelle animazioni), oltre a combinazioni non proprio riuscite (come si nota in certi cut dell’opening, tra l’ambiente in CGI e il chara). Considerati i toni dell’opera non di mio pieno gusto, sono alquanto titubante sul recuperare il già annunciato sequel;
▪ “DAN DA DAN“, avendo letto qualche capitolo del manga, come contenuti già sapevo più o meno cosa aspettarmi ma questo adattamento mi ha comunque piacevolmente intrattenuto. La serie ruota attorno a due tormentati adolescenti, in un rapporto iniziato quasi per caso, che li vede coinvolti in una catena di eventi circa ora degli spiriti ora degli alieni; una premessa accattivante per il tema dell’occulto, con degli ingredienti validi (sia per i personaggi principali, un duo simpatico ed equilibrato, che per quelli secondari, con diverse figure vive e ben caratterizzate, tra passati drammatici e crucci, ma anche distintive se non atipiche come la nonna di Momo), toni bilanciati che si muovono tra il dramma e la comicità, il tutto condito da una volgarità che, oltre a dare carattere, azzarderei definire come rinfrescante (al netto del confronto con i toni del panorama generale degli anime, anche in linea con l’età e il turbolento periodo in cui vivono i protagonisti). Un’opera che in definitiva riesce a muoversi alquanto bene tra gli sviluppi della vicenda, l’azione e il mostrare i vari lati dei personaggi, con una narrazione scorrevole e tutt’altro che banale (es. il passato dello spirito nel settimo episodio, finalmente un buon “show don't tell”). Sul piano tecnico è un buon prodotto -per non dire a momenti ottimo-: una regia tutt’altro che monotona sia nella gestione della camera (tra inquadrature e movimenti, con anche dinamiche riprese in soggettiva come nel quarto e nel settimo episodio) sia in senso artistico (come la frammentazione della visuale ad inizio dell’ep. 2), ben confezionato per disegni (sia per chara, versatile e dal tratto irregolare, sia per i fondali), buone animazioni con i suoi picchi e una palette ben calibrata ma al contempo non lineare (oltre a un cielo che spesso spicca per quel suo azzurro, una scelta e un utilizzo dei colori per le dimensioni delle scene di azione che dà loro carattere). Una menzione va anche al lato sonoro, in grado di valorizzare le varie scene tra effetti, musica (seppur con un tocco contemporaneo, non ritrovavo un’associazione musica classica e scene di corsa/fuga/inseguimento, con l’ouverture del Guglielmo Tell e la base del “can-can”, da quando guardavo cartoni come i Looney Tunes 😂) e doppiaggio (scelta idonea dei seiyuu e relativa buona resa), a cui si aggiungono le due orecchiabili sigle; unica sbavatura la CGI, distinguibile ora più ora meno. Sperando che mantenga sotto tutti gli aspetti il suo charm, ho già programmato il recupero del seguito (PS: la chiusa di questa parte mi sembra un po’ discutibile come cliffhanger, un taglio che sospende l’azione e gli sviluppi già avviati del nuovo arco 😅);
▪ “365 Days To The Wedding“, titolo che avevo già adocchiato tempo addietro, trasposizione approcciata con curiosità ma, giunto a fatica al giro di boa, ho deciso di mollarla al settimo episodio. Sulla carta ha delle premesse intriganti (una storia ambientata tra le scrivanie d’ufficio, un duo di introversi che, pur di non rischiare di essere trasferiti in Alaska vedendo le proprie placide vite stravolte, decidono di fingere di sposarsi), con un suo potenziale e varie tematiche associate (il relazionarsi con gli altri, l’amore, il matrimonio, la maturazione, etc.), tuttavia la serie non è riuscita a far breccia, trovando come maggiori criticità una costruzione della relazione (sia nella sua pubblica finzione che nella realtà sentimentale) quando claudicante quando poco avvincente (tra cenni di gelosia già nelle prime fasi nonostante il flebilissimo legame tra MC, chiarimenti con la famiglia di lui che rischierebbero di compromettere il piano, etc.) e una scrittura poco congeniale tra gestione dei toni (c’è leggerezza, ci sono parentesi comiche, c’è un minimo di dramma, ma il tutto non mi pare sapientemente coeso, un’atmosfera generale non poi così definita e armoniosa), del ritmo (al netto del carattere dei protagonisti, una verbosità a tratti stucchevole) e di certi elementi (le telefonate anonime mi hanno fatto un po’ storcere il naso…). Non aiuta poi il comparto tecnico, un discreto altalenante con i suoi alti e bassi (specie per disegni), accusando spesso una certa rigidità per impostazione di scena e animazioni;
▪ “Mecha-ude“, ammetto di ricordare ben poco dell’OVA del 2018 ma un commento che lasciai al tempo fu “forse troppa roba sul fuoco per essere un solo episodio”: con lo spazio disponibile per questa serie sono riusciti a valorizzare le idee alla base del progetto? Andiamo per gradi. Un inizio alquanto classico (un ragazzo qualunque che finisce per essere coinvolto in qualcosa di più grande di lui) con cui si presenta abbastanza bene, dove sullo sfondo di una lotta tra fazioni attorno all’esistenza dei mecha-ude si scorgono tematiche con del potenziale, ad esempio circa la volontà e la dignità (compagni con cui vivere alla pari o meri strumenti?), quindi la trama si sviluppa tra confronti, crucci, passati drammatici e colpi di scena. Per quanto non l’abbia trovato di grande freschezza, nelle parti iniziali mi è parso abbastanza scorrevole e godibile nelle sue evoluzioni e nella comicità, ma andando avanti vari elementi hanno intaccato la visione: passaggio non proprio congeniale da civile goffo a combattente in grado di confrontarsi con altri utilizzatori di mecha-ude navigati (finché era la fortuna e qualche movimento base ci stava…), un’atmosfera sempre più stucchevole (complici delle caratteristiche di alcuni personaggi nonché della verbosità e dei toni nei dialoghi), scrittura-sceneggiatura non sempre ideale (al netto di una valorizzazione poco sentita del rapporto di cooperazione umano-mecha -anche in vista del finale-, pure nella spiegazione di dettagli, come nel terzo episodio si lasciava intendere che la rimozione forzata del mecha-ude portasse l’utilizzatore a morte certa, nel quarto invece viene detto che se si fa in tempo quest’ultimo si può comunque salvare…) e bilanciati nei ritmi (ci sono dei passaggi molto veloci, con scene dove le azioni si susseguono con dei palesi vuoti nel mezzo). Rispondendo alla domanda iniziale, in definitiva direi che le idee sono state sviluppate/valorizzate solo parzialmente, complici una gestione non brillante dei vari elementi. Sul lato tecnico l’ho trovato un prodotto discreto con i suoi alti e bassi, uniche sbavature di nota, oltre a qualche cenno di rigidità, sono la mancata coesione chara-sfondo in alcune scene registicamente più movimentate e la percezione della CGI (non in brutale disarmonia ma nel suo piccolo comunque distintiva);
▪ “Negative Positive Angler“, rispetto agli altri anime a tema pesca usciti negli ultimi anni (più o meno dei lieti CGDCT), questa serie originale si presenta in una maniera particolarmente cupa: un ragazzo che si trova in un momento buio a cui, dopo una visita medica, gli sono stati stimati altri due anni di vita, ed ora, incapace di trovare una ragione per vivere, trascorre le giornate tra pachinko e fughe dai creditori, in una situazione di disagio tale da indurlo a tentare pure il suicidio. Quello della pesca è un collante che mette insieme diversi personaggi più o meno approfonditi, con in prima linea il protagonista Tsunehiro (che con essa si può dire sia stato salvato -anche letteralmente-), l’affabile Takaki (un ragazzo a prima vista spensierato ma premuroso, con alle spalle un passato drammatico) e l’appassionata Hana (giovane ma competente e determinata), dando spazio poi anche ad altre figure come l’intraprendente Ice e il manager del konbini Machida; un cast nel complesso bilanciato, così come più o meno lo è la serie nell’alternare frangenti di pesca (in un’ambiente per lo più urbano-metropolitano), relative informazioni tecniche, cucina e i vari crucci dei personaggi, muovendosi abbastanza bene nei toni tra leggerezza, comicità e dramma, un’opera inoltre in grado di generare una certa ispirazione nel sapersi godere la vita cercando di affrontare le avversità che essa ci riserva. Un prodotto tutto sommato scorrevole e godibile in termini di scrittura e sceneggiatura (anche se in dei momenti qualche sopracciglio lo può far alzare, dal fatto che agli inizi il MC pare non abbia contattato i suoi genitori alla questione “ho i giorni contati” che talvolta si sente veramente poco -non dico si dovesse palesare platealmente dall’inizio alla fine, ma che regia e sceneggiatura mantenessero un’amarezza di fondo-), seppur non lo trovi magistrale nel definire, gestire e sfruttare tutti gli elementi al suo interno in maniera costante (a parte qualche frangente in cui il ritmo non mi è parso consono, più che altro il quinto episodio l’ho trovato un po’ moscio se comparato al resto). A livello tecnico lo ritengo un prodotto discreto-buono con i suoi alti e bassi, non monotono nella regia (per inquadrature e movimenti, con qualche posizionamento anche sott’acqua) e tutto sommato ben confezionato per disegni (un chara versatile, con uno stile chibi usato per momenti leggeri e per alcuni personaggi) e animazioni, comunque non esente da elementi discutibili (dallo stile dei pesci che non sempre tende a coniugarsi con il chara, alla CGI usata per l’acqua, in genere non plateale ma comunque distinguibile). Ah, e ovviamente non manca qualche cameo di vecchie conoscenze… 😬
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Avete visto uno o più dei succitati anime? Cosa ne pensate? Avete trovato ulteriori pregi e/o difetti? Condividete o dissentite su quanto ho espresso?
Nell’attesa di recuperare gli ultimi titoli che ho in lista per elaborare la seconda -e a questo giro ultima- parte sugli anime dell’autunno 2024, spero che questo post sia stato in qualche modo utile e che magari possa dar vita a qualche scambio di opinioni 🙂
Prima di iniziare, per prassi devo premettere che a seguire ci sono degli spoiler di varia entità.
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▪ “Uzumaki“, sulla carta un progetto affascinante e ambizioso, per cui certe domande sorgono spontanee, una tra tutte: lo stile di disegno adottato, ispirato al prodotto originale, si coniuga o contrasta con l’animazione? Andiamo con ordine. Iniziando sul piano dei contenuti, l’opera ha un suo charm (in parte derivato dalla figura della spirale e alla sua riproposizione sia in natura che nelle creazioni umane) tuttavia sono presenti, in maniera ora trascurabile ora evidente, delle criticità a livello di sceneggiatura e scrittura (una sospensione dell’incredulità messa a dura prova, oltre che da alcune lacune, da interazioni e reazioni dei personaggi, inclusi anche i protagonisti), nella costruzione sia della vicenda sia dell’atmosfera di inquietudine derivata anche dal grottesco. Se il primo episodio, nonostante le suddette criticità, può risultare comunque una visione godibile, negli episodi successivi lo sviluppo viene intaccato da una narrazione non proprio ideale, anche per ritmo e presenza di diversi stacchi, penalizzando quel viaggio che a tutti gli effetti è una spirale di follia; una chiusa discreta seppur concettualmente affascinante, qualche perplessità invece per la scena post-crediti (se la mancata trasmissione dell’evento ha un senso per un certo tempo, per un’ambientazione moderna non convince molto). Anche a livello tecnico è il primo episodio a risultare il migliore della serie: una regia tutt’altro che monotona (tra gestione della camera e composizione della scena), disegni ben concepiti sia per chara che fondali (tra un tratto non proprio pulito/lineare e dei riempimenti, ad esempio per le ombre, accompagnati da linee/retini), animazioni che trovano vita per lo più nei piccoli movimenti e nella recitazione dei personaggi, una fotografia che fa talvolta capolino quando per valorizzare la scena quando per non appiattirla, il tutto supportato dal sonoro, in un’alternanza tra una musica congrua al genere e momenti lasciati ai soli doppiaggio e/o effetti. Le vere note dolenti partono già dal secondo episodio: una direzione piuttosto claudicante (con qualche problema nella costruzione delle scene in termini di tempi), un palese calo della qualità dei disegni (tratto meno incisivo, a momenti anzi sciapo, sia per i secondari e le comparse che per i protagonisti, il cui carattere nell’espressività va e viene) e animazioni a momenti legnose per non dire imbarazzanti (giusto per fare un paio di esempi, come la fuga d’amore con la corsa sulla spiaggia del secondo episodio o la caduta di Shuichi verso la fine del quarto -lì ammetto di aver riso, ma ci sarebbe da piangere…-) sono i principali fattori che evidenziano il dislivello come fattura tecnica tra il primo episodio e quelli seguenti, dove quest’ultimi regalano ben poche soddisfazioni alla vista. Una visione quindi iniziata piuttosto bene, proseguita e conclusa con l’amarezza di aver assistito a un’opportunità sprecata di portare sul piccolo schermo una trasposizione ispirata e ispirante di un lavoro di Junji Ito;
▪ “Magilumiere Magical Girls Inc.“, l’idea alla base è accattivante, prendendo le mahou shoujo e costruendoci attorno un mercato, con centinaia di aziende impregnate non solo nella lotta contro i Kaii (creature mostruose) ma anche a sopravvivere in un ambiente commerciale competitivo; per quanto valido e pregno di potenziale, il concept non mi pare tuttavia sfruttato al meglio, giocando sì con degli elementi caratteristici delle majokko (strumenti, trasformazioni, etc.) e le realtà aziendali, con l’aggiunta di figure peculiari a dare un po’ di sapore (il boss che si veste da mahou shoujo, i nerd con la passione per le trasformazioni d’effetto e i vestiti carini, la bambina prodigio, etc.) ma senza spingere molto, un’opportunità non propriamente colta per partorire un’opera postmoderna con una sua freschezza e al contempo un animo parodistico-critico circa il genere e l’ambiente di lavoro. Una serie discreta anche nella struttura e nella sceneggiatura, con i suoi alti e bassi, in vari punti avrebbe giovato un ritmo più serrato, nonché una concisione nei dialoghi e una resa più d’effetto (talvolta si perde in verbosità e in momenti di stucchevolezza), oltre a dare una marcia in più evidenziando e sfruttando il carattere e le peculiarità dei personaggi. Anche sul piano tecnico è un prodotto discreto altalenante, relativamente solido nei disegni ma in diverse occasione mi è parso accusare una certa staticità-rigidità (quando nell’impostazione della scena, quando nelle animazioni), oltre a combinazioni non proprio riuscite (come si nota in certi cut dell’opening, tra l’ambiente in CGI e il chara). Considerati i toni dell’opera non di mio pieno gusto, sono alquanto titubante sul recuperare il già annunciato sequel;
▪ “DAN DA DAN“, avendo letto qualche capitolo del manga, come contenuti già sapevo più o meno cosa aspettarmi ma questo adattamento mi ha comunque piacevolmente intrattenuto. La serie ruota attorno a due tormentati adolescenti, in un rapporto iniziato quasi per caso, che li vede coinvolti in una catena di eventi circa ora degli spiriti ora degli alieni; una premessa accattivante per il tema dell’occulto, con degli ingredienti validi (sia per i personaggi principali, un duo simpatico ed equilibrato, che per quelli secondari, con diverse figure vive e ben caratterizzate, tra passati drammatici e crucci, ma anche distintive se non atipiche come la nonna di Momo), toni bilanciati che si muovono tra il dramma e la comicità, il tutto condito da una volgarità che, oltre a dare carattere, azzarderei definire come rinfrescante (al netto del confronto con i toni del panorama generale degli anime, anche in linea con l’età e il turbolento periodo in cui vivono i protagonisti). Un’opera che in definitiva riesce a muoversi alquanto bene tra gli sviluppi della vicenda, l’azione e il mostrare i vari lati dei personaggi, con una narrazione scorrevole e tutt’altro che banale (es. il passato dello spirito nel settimo episodio, finalmente un buon “show don't tell”). Sul piano tecnico è un buon prodotto -per non dire a momenti ottimo-: una regia tutt’altro che monotona sia nella gestione della camera (tra inquadrature e movimenti, con anche dinamiche riprese in soggettiva come nel quarto e nel settimo episodio) sia in senso artistico (come la frammentazione della visuale ad inizio dell’ep. 2), ben confezionato per disegni (sia per chara, versatile e dal tratto irregolare, sia per i fondali), buone animazioni con i suoi picchi e una palette ben calibrata ma al contempo non lineare (oltre a un cielo che spesso spicca per quel suo azzurro, una scelta e un utilizzo dei colori per le dimensioni delle scene di azione che dà loro carattere). Una menzione va anche al lato sonoro, in grado di valorizzare le varie scene tra effetti, musica (seppur con un tocco contemporaneo, non ritrovavo un’associazione musica classica e scene di corsa/fuga/inseguimento, con l’ouverture del Guglielmo Tell e la base del “can-can”, da quando guardavo cartoni come i Looney Tunes 😂) e doppiaggio (scelta idonea dei seiyuu e relativa buona resa), a cui si aggiungono le due orecchiabili sigle; unica sbavatura la CGI, distinguibile ora più ora meno. Sperando che mantenga sotto tutti gli aspetti il suo charm, ho già programmato il recupero del seguito (PS: la chiusa di questa parte mi sembra un po’ discutibile come cliffhanger, un taglio che sospende l’azione e gli sviluppi già avviati del nuovo arco 😅);
▪ “365 Days To The Wedding“, titolo che avevo già adocchiato tempo addietro, trasposizione approcciata con curiosità ma, giunto a fatica al giro di boa, ho deciso di mollarla al settimo episodio. Sulla carta ha delle premesse intriganti (una storia ambientata tra le scrivanie d’ufficio, un duo di introversi che, pur di non rischiare di essere trasferiti in Alaska vedendo le proprie placide vite stravolte, decidono di fingere di sposarsi), con un suo potenziale e varie tematiche associate (il relazionarsi con gli altri, l’amore, il matrimonio, la maturazione, etc.), tuttavia la serie non è riuscita a far breccia, trovando come maggiori criticità una costruzione della relazione (sia nella sua pubblica finzione che nella realtà sentimentale) quando claudicante quando poco avvincente (tra cenni di gelosia già nelle prime fasi nonostante il flebilissimo legame tra MC, chiarimenti con la famiglia di lui che rischierebbero di compromettere il piano, etc.) e una scrittura poco congeniale tra gestione dei toni (c’è leggerezza, ci sono parentesi comiche, c’è un minimo di dramma, ma il tutto non mi pare sapientemente coeso, un’atmosfera generale non poi così definita e armoniosa), del ritmo (al netto del carattere dei protagonisti, una verbosità a tratti stucchevole) e di certi elementi (le telefonate anonime mi hanno fatto un po’ storcere il naso…). Non aiuta poi il comparto tecnico, un discreto altalenante con i suoi alti e bassi (specie per disegni), accusando spesso una certa rigidità per impostazione di scena e animazioni;
▪ “Mecha-ude“, ammetto di ricordare ben poco dell’OVA del 2018 ma un commento che lasciai al tempo fu “forse troppa roba sul fuoco per essere un solo episodio”: con lo spazio disponibile per questa serie sono riusciti a valorizzare le idee alla base del progetto? Andiamo per gradi. Un inizio alquanto classico (un ragazzo qualunque che finisce per essere coinvolto in qualcosa di più grande di lui) con cui si presenta abbastanza bene, dove sullo sfondo di una lotta tra fazioni attorno all’esistenza dei mecha-ude si scorgono tematiche con del potenziale, ad esempio circa la volontà e la dignità (compagni con cui vivere alla pari o meri strumenti?), quindi la trama si sviluppa tra confronti, crucci, passati drammatici e colpi di scena. Per quanto non l’abbia trovato di grande freschezza, nelle parti iniziali mi è parso abbastanza scorrevole e godibile nelle sue evoluzioni e nella comicità, ma andando avanti vari elementi hanno intaccato la visione: passaggio non proprio congeniale da civile goffo a combattente in grado di confrontarsi con altri utilizzatori di mecha-ude navigati (finché era la fortuna e qualche movimento base ci stava…), un’atmosfera sempre più stucchevole (complici delle caratteristiche di alcuni personaggi nonché della verbosità e dei toni nei dialoghi), scrittura-sceneggiatura non sempre ideale (al netto di una valorizzazione poco sentita del rapporto di cooperazione umano-mecha -anche in vista del finale-, pure nella spiegazione di dettagli, come nel terzo episodio si lasciava intendere che la rimozione forzata del mecha-ude portasse l’utilizzatore a morte certa, nel quarto invece viene detto che se si fa in tempo quest’ultimo si può comunque salvare…) e bilanciati nei ritmi (ci sono dei passaggi molto veloci, con scene dove le azioni si susseguono con dei palesi vuoti nel mezzo). Rispondendo alla domanda iniziale, in definitiva direi che le idee sono state sviluppate/valorizzate solo parzialmente, complici una gestione non brillante dei vari elementi. Sul lato tecnico l’ho trovato un prodotto discreto con i suoi alti e bassi, uniche sbavature di nota, oltre a qualche cenno di rigidità, sono la mancata coesione chara-sfondo in alcune scene registicamente più movimentate e la percezione della CGI (non in brutale disarmonia ma nel suo piccolo comunque distintiva);
▪ “Negative Positive Angler“, rispetto agli altri anime a tema pesca usciti negli ultimi anni (più o meno dei lieti CGDCT), questa serie originale si presenta in una maniera particolarmente cupa: un ragazzo che si trova in un momento buio a cui, dopo una visita medica, gli sono stati stimati altri due anni di vita, ed ora, incapace di trovare una ragione per vivere, trascorre le giornate tra pachinko e fughe dai creditori, in una situazione di disagio tale da indurlo a tentare pure il suicidio. Quello della pesca è un collante che mette insieme diversi personaggi più o meno approfonditi, con in prima linea il protagonista Tsunehiro (che con essa si può dire sia stato salvato -anche letteralmente-), l’affabile Takaki (un ragazzo a prima vista spensierato ma premuroso, con alle spalle un passato drammatico) e l’appassionata Hana (giovane ma competente e determinata), dando spazio poi anche ad altre figure come l’intraprendente Ice e il manager del konbini Machida; un cast nel complesso bilanciato, così come più o meno lo è la serie nell’alternare frangenti di pesca (in un’ambiente per lo più urbano-metropolitano), relative informazioni tecniche, cucina e i vari crucci dei personaggi, muovendosi abbastanza bene nei toni tra leggerezza, comicità e dramma, un’opera inoltre in grado di generare una certa ispirazione nel sapersi godere la vita cercando di affrontare le avversità che essa ci riserva. Un prodotto tutto sommato scorrevole e godibile in termini di scrittura e sceneggiatura (anche se in dei momenti qualche sopracciglio lo può far alzare, dal fatto che agli inizi il MC pare non abbia contattato i suoi genitori alla questione “ho i giorni contati” che talvolta si sente veramente poco -non dico si dovesse palesare platealmente dall’inizio alla fine, ma che regia e sceneggiatura mantenessero un’amarezza di fondo-), seppur non lo trovi magistrale nel definire, gestire e sfruttare tutti gli elementi al suo interno in maniera costante (a parte qualche frangente in cui il ritmo non mi è parso consono, più che altro il quinto episodio l’ho trovato un po’ moscio se comparato al resto). A livello tecnico lo ritengo un prodotto discreto-buono con i suoi alti e bassi, non monotono nella regia (per inquadrature e movimenti, con qualche posizionamento anche sott’acqua) e tutto sommato ben confezionato per disegni (un chara versatile, con uno stile chibi usato per momenti leggeri e per alcuni personaggi) e animazioni, comunque non esente da elementi discutibili (dallo stile dei pesci che non sempre tende a coniugarsi con il chara, alla CGI usata per l’acqua, in genere non plateale ma comunque distinguibile). Ah, e ovviamente non manca qualche cameo di vecchie conoscenze… 😬
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Avete visto uno o più dei succitati anime? Cosa ne pensate? Avete trovato ulteriori pregi e/o difetti? Condividete o dissentite su quanto ho espresso?
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Il 2013 è stato l'anno in cui ho iniziato a vedere seriamente gli anime, in particolare degli stagionali non ne saltavo quasi nessuno xD e visto che l'anno sta finendo mi sento in dovere di rispammare questo AMV

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Ciao a tuttiii ho appena finito questo anime ed è a dir poco fantastico. Animazioni ben fatte, storia intrigante e finale mozzafiato! Nonostante non abbia visto la prima stagione non ho avuto problemi (escluso qualche piccolo dettaglio ma roba da poco) quindi consiglio a tutti questa serie!
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SPOILER...Leggi tutto
Dei quattro che hai adocchiato direi che “NegaPosi Angler“ sia l’unica da tenere in forte considerazione, non la definirei una serie ottima in tutto e per tutto ma la ritengo comunque meritevole di una possibilità visto il cupo incipit. Se non fosse per delle pecche, “Mecha-ude” non sarebbe malaccio, credo però che sia il gusto che l’esperienza possano influire non poco sulla visione, infatti, al netto dell’idea alla base e al suo potenziale nel generare riflessioni, in più punti mi è scaturita la sensazione di essere fuori target, ritenendolo un prodotto più idoneo per giovani con non molti anime alle spalle.
Per quanto mi riguarda, finito il recuperone degli stagionali avrei in programma di recuperarmi l’ultima stagione della “Monogatari Series”, il film di “Spy x Family” e “DeDeDeDe”, magari anche qualcos’altro se avrò altro tempo prima della scadenza dell’abbonamento di Crunchyroll.
@Maeda:
▪ “365 Days to the Wedding”, non avendo letto il manga non ne ero sicuro, ma ammetto che quello dell’adattamento sciapo fosse un’idea che mi era balenata in testa, una circostanza che mi sembra ormai alquanto ricorrente nelle produzioni contemporanee… peraltro questo è il secondo anime recente tratto da un’opera di Tamiki Wakaki, eppure, anche se è passato diverso tempo, con “The World God Only Knows” mi sembra di ricordare che ne fecero una buona serie… 😞
Non per essere cattivo, ma se non fosse per l’impegno di prendersi cura di un gatto schivo e del contesto familiare, avrei preferito di gran lunga il Paisen a lui 😅
▪ “NegaPosi”, ti dirò, il finale non mi è dispiaciuto, personalmente mi sono rimasti più indigesti l’assenza di un costante alone di “memento mori” o l’aver tralasciato la questione famigliare del MC (e vista la situazione di Takaki, la mancanza di questo aspetto per Tsunehiro trovo sia più sentita). Lo stile di Ice penso sia stato funzionale, oltre che la gag del “ah, non ti avevo riconosciuta”, per non evidenziare la sua figura “da modella”, dandogli invece un aspetto più “leggero” e rotondo, mentre per Fujishiro credo abbiano optato per uno stile cute da accostare alla sua aura di mistero (a parte il fatto che mi evoca un senso di déjà-vu, è un figura che fa molto “auto-rappresentazione del mangaka” 😂); riguardo ai pesci non credo che additerei il problema alla CGI in sé, piuttosto allo stile adottato che tende più a una dettagliata illustrazione (poi c’era quel contrasto di stile anche con le interiora, che invece erano disegnate e animate normalmente 😐). Riguardo alla ending ti riferisci al passaggio da quella della skyline metropolitana a quella serie di disegni a cavallo tra layout e illustrazioni concettuali? In effetti la prima, seppur con la sua staticità di camera, aveva comunque un minimo di sapore…
▪ “DAN DA DAN” in effetti la CGI ha rovinato quando più quando meno certe figure, in particolare il “Mostro di Flatwoods/Lottatore di Sumo” (che poi, quell’immagine statica di lui che brucia verso la fine del secondo episodio… non so cosa avessero in mente di fare, ma come effetto lasciava alquanto a desiderare 😅).
Con il mio commento sullo “show don't tell” mi riferivo proprio a quella scena dello spirito dell’Acroseta: una finestra sul passato del personaggio che piuttosto che essere la classica spiegazione didascalica alla “allora, mi è successo questo e quello” è stata realizzata con una raffinatezza fuori dall’ordinario delle produzioni televisive, una parte che si prende il suo tempo evidenziando tanto i momenti belli quanto l’abbattersi della tragedia, lasciando che siano gli eventi a parlare da sé; non credo di esagerare nel dire che le poche parole che qui vengono spese non siano sufficienti per veicolare quanto superbamente i vari aspetti (narrazione, tecnica, sonoro) si combinino nell’esaltare prima l’affetto materno poi la disperazione, regalando quelli che probabilmente sono i momenti più emotivamente intensi all’interno di questa serie.
Riguardo a “Uzumaki” non so se siano uscite nuove info al di là dei tweet di uno degli executive producer (essenzialmente “così c’è venuto e così l’abbiamo voluto rilasciare tutto”), ho letto qualcosa sul fatto che la serie abbia avuto una produzione travagliata, con un debutto che si è trascinato negli anni, oltre a una crisi che ha visto cambi di ruolo e outsourcing; i soldi potrebbero aver giocato la loro parte, ma sarei più tentato per una pianificazione deragliata o mal concepita in partenza. Peraltro, pare che scorrendo i crediti del quarto episodio non vi risulti la figura del director… 😐
4 mesi fa
Sì, 365 è un esempio di classico anime creato con un team non eccellente e trasposto al limite del compitino. Però se mi fai un SoL con un po' di romance genuina alla fine un po' giochi facile con me e glielo perdono. Però la faccia del protagonista di una scena mi è diventato uno sticker che uso regolarmente 😂
In NegaPosi mi riferivo alla frettolosità della gestione del finale unita alla scelta di fare scorrere la ending, bruciando altri 90 secondi di una parte che già pareva non avere tempo e sminuendo in gran parte il tema principale della serie. Ice comunque è bellissima, di gran lunga la mia preferita assieme alla strozzina senza fiato 😂.
In DanDaDan Quell'episodio mi ha lasciato senza parole confesso.
Il messaggio di uno dei producer di Uzumaki (mi pare De Marco, che tra l'altro aveva a che fare con Ninja Kamui) non lasciava sicuramente fiduciosi: meglio uno buono che nulla, insomma...😅
Spy x Family Movie è davvero genuino e spassoso, mentre Monogatari ha probabilmente nel primo episodio uno dei più belli che abbia mai visto ed, in generale, apre all'ingresso di una nuova figura nel roster di director della serie, con nuove idee e soluzioni registiche. Tra l'altro noto l'aggiunta anche di The Concierge che un'occhiata la dovrebbe meritare.
P.S. So che non è del rotolo croccante, ma ricordando il tuo parere su Sayonara Eri, non puoi esimerti da Look Back. 😂😏
4 mesi fa
Anche a me il personaggio di Ice è piaciuto, semplicemente simpatica e di un’affabilità che definirei ristoratrice, nel suo piccolo anche una figura ispirante per il suo modo di vivere e pensare quando gli viene dato un po’ spazio (in particolare il sesto episodio).
Non mi sento del tutto di biasimare chi doveva effettivamente decidere tra rilasciare solo il primo episodio o tutta la serie per il rispetto di chi ci ha lavorato, anche se sinceramente io sarei stato più per la prima opzione: se in un ristorante la cucina fa uscire dei piatti venuti male, non li dovrebbe servire sperando che i clienti se li mangino facendo poche o alcuna rimostranza, anche perché poi il risultato sta sotto gli occhi di tutti e non è una buona pubblicità…
Per la nuova season della “Monogatari Series” spero non mi penalizzi troppo la mancanza di un rewatch (“Zoku Owarimonogatari” sono riuscito a godermela anche se a momenti ho provato un senso di smarrimento), “Concierge” lo avevo già adocchiato quando ci fu il festival dei BBF, vedrò di farci un pensierino 🙂
“Look Back” dovrei già avercelo in lista, ne ho sentito parlare bene (anche se non mi sono addentrato in analisi per evitare spoiler), all’epoca della pubblicazione nostrana del manga me lo sono perso tra la miriade di uscite, magari se su Amazon rimetteranno l’edizione base, a questo giro potrei prendermelo. Chissà se dopo questa ne faranno altre di trasposizioni di opere di Fujimoto, magari proprio “Goodbye, Eri” 😏
4 mesi fa